Incalzato dalle domande del pm Enrico Zucca, nel corso del processo per la sanguinosa irruzione dei poliziotti nella scuola Diaz, durante il G8, il capo della Digos di Padova, Lucio Pifferi, sentito come teste, ha fornito la versione gia' data precedentemente davanti allo stesso pm, ma in contrasto con quella messa a verbale davanti all' allora procuratore aggiunto Francesco Lalla, ora procuratore capo della Procura di Genova.
Oggetto di contestazione a Pifferi e' stato se il giubbotto e il paraspalle di Massimo Nucera, con i tagli del presunto accoltellamento subito dal poliziotto romano da parte di un manifestante dentro la scuola, li avesse visti all' interno della Diaz o il giorno seguente, in questura, durante la conferenza stampa.
Oggi Pifferi, nel corso dell'interrogatorio del pm, ha dichiarato di averli visti forse per la prima volta in Questura, contrariamente a quanto aveva detto a suo tempo al procuratore aggiunto Lalla, cioe' che erano dentro la scuola, poggiati contro un muro, insieme alle due bottiglie molotov, coltelli, mazze e bastoni sequestrati dalla polizia nel corso della perquisizione. A quel punto, dietro contestazione dell' avv. Silvio Romanelli, difensore di Nucera, lo stesso pm ha chiesto e ottenuto dal presidente del tribunale, Gabrio Barone, di acquisire agli atti del processo tutti i verbali, oggetto oggi di una vivace contestazione da parte del legale.
Questi particolari sono importanti per la difesa in quanto l'accusa sostiene che Nucera non sia stato accoltellato dentro la scuola da un no global e che i tagli sul giubbotto siano stati fatti successivamente dalla polizia per incolpare i manifestanti. E' stato poi sentito l' assistente di Pifferi, Catania, il quale ha confermato che dentro la scuola non c'erano ne' il giubbotto ne' il paraspalle e di averli visti per la prima volta il giorno dopo in Questura. Catania inoltre ha riconosciuto le due molotov, una con l' etichetta dei Colli Piacentini e l' altra con effigiato un anniversario degli Alpini.