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Sappiamo chi è STATO!

Riceviamo e pubblichiamo con piacere:

Il 14 luglio sarà una giornata di mobilitazione antifascista e contro la repressione, con una serie di iniziative coordinate in varie città d’Italia, dedicate a Carlo, Dax, Federico e Renato. Ognuno secondo le proprie possibilità e modalità: dalle più semplici, come attacchinaggi,scritte o striscioni, alle più articolate come presidi o murales.

Il 16 luglio, a Milano verrà pronunciata la sentenza d’appello del processo “San Paolo”. L’ennesimo processo farsa che si scontra con una verità condivisa e collettiva. È questa verità che ribadiremo ancora con forza insieme a tutti coloro che vorranno mobilitarsi ed essere presenti in aula a portare solidarietà attiva agli imputati.

Era la notte del 16 marzo quando Davide Cesare, Dax, veniva accoltellato a morte da un gruppo di fascisti. I suoi compagni e le sue compagne accorsial pronto soccorso dell’ospedale S. Paolo trovarono ad aspettarli pattuglie di polizia e carabinieri. La situazione precipitò rapidamente in una caccia all’uomo con violente cariche sia all’interno che all’esterno dell’ospedale.

Il sangue per terra e sui muri, le decine di ragazzi e ragazze feriti, hanno rievocato prepotentemente le immagini del luglio 2001 a Genova. È indelebile nelle menti di molti il ricordo di quelle giornate. La città blindata, le cariche indiscriminate, la brutalità delle forze dell’ordine, la mattanza alla scuola Diaz, le torture nella caserma di Bolzaneto e l’assassinio di Carlo Giuliani.

Se alla Diaz la mattanza venne giustificata con il ritrovamento di due bottiglie molotov all’interno dell’edificio (poi si scoprì collocate dalle stesse forze dell’ordine), per i fatti del San Paolo, il questore di Milano Boncoraglio sostenne assurdamente che i suoi uomini erano stati costretti ad intervenire per impedire che iragazzi e le ragazze sottraessero la salma del loro compagno.

Non sono però bastati i pestaggi e, così, la magistratura ha condannato in primo grado due delle persone presenti quella notte a un anno e 8 mesi di reclusione, più 70.000 euro di multa. Degli appartenenti alle forzedell’ordine, invece, un solo agente, ripreso da un video amatoriale mentre picchiava un ragazzo rimasto a terra, ha ricevuto una blanda condanna a 7 mesi. Proprio come a Genova, persino i documenti video non valgono nulla
di fronte alla cecità disarmante della magistratura.

Come per il G8 di Genova, anche per i fatti del San Paolo è la storia di un paese ad essere messa alla sbarra. Più che il giudizio della
magistratura, da cui poco o nulla possiamo, per altro, attenderci, ci interessa perciò il giudizio politico di quanto accadde. In entrambi i
casi si pongono interrogativi seri sul clima che si respira nelle caserme
italiane e sulle condizioni di salute della democrazia nella nostra
società.

Questi episodi sono espressione di un’involuzione autoritaria che
interessa tutti gli aspetti della società italiana e che trova la sua
manifestazione più evidente proprio nella gestione dell’ordine pubblico.
Una deriva alimentata attraverso le politiche securitarie condotte dai
diversi governi che si avvicendano al potere, a prescindere dalla loro
collocazione politica.

La sicurezza che ci viene offerta si manifesta attraverso territori
militarizzati, controllo totale e nuove sofisticate forme di razzismo,
mentre le vere emergenze sociali, come la casa, il lavoro, la salute e la
precarietà, rimangono ai margini del dibattito politico. E’ scontato
osservare come il restringimento dei diritti e delle tutele finisca
inevitabilmente per accompagnarsi a maggiore controllo e repressione.

Davvero difficile non rendersi conto della trasformazione che attraversa
la nostra società. Nel settembre del 2005, a Ferrara, Federico Aldrovandi,
18 anni, viene ammazzato di botte durante un “normale” controllo di
polizia. Il caso è venuto alla ribalta, dopo vari tentativi di
insabbiamento, grazie alla strenua lotta per la verità dei famigliari e
degli amici di Aldro. Purtroppo questo tragico episodio non rappresenta un
caso isolato.

Per non parlare delle giornate di Genova per cui 26 persone sono accusate
di “devastazione e saccheggio”, reato a cui la magistratura è ricorsa
anche nel processo di Milano per i fatti dell’11 marzo 2006, dove 18
antifascisti e antifasciste furono condannati per “concorso morale in
devastazione e saccheggio” a 6 anni (scontati a 4 per il rito abbreviato),
per essersi opposti alla sfilata fascista di Fiamma Tricolore. Un reato da
codice di guerra che ritroviamo anche in altre inchieste riguardanti il
movimento antagonista: una consuetudine giudiziaria che si traduce in
lunghe detenzioni preventive e in condanne spropositate. Gli ultimi
arresti in ordine di tempo sono quelli di tre studenti che si sono opposti
alla presenza del FUAN a Torino.

Ad essere sotto attacco è il diritto al dissenso e alla Resistenza, il
diritto a lottare per modificare lo stato delle cose esistenti, il diritto
di manifestare liberamente le proprie opinioni e di opporsi a ciò che si
ritiene essere ingiusto, a dire “no” anche quando tutti gli altri
tacciono.

Nel clima di diffusa intolleranza le destre trovano insperati spazi di
agibilità. Mentre razzisti dichiarati e post-fascisti riscuotono ampi
consensi strisciando tra le paure irrazionali della gente e possono
rappresentare senza contraddizione le istituzioni della “Repubblica nata
dalla Resistenza”, gli episodi di squadrismo si moltiplicano
spaventosamente, tra l’indifferenza dei più e la sostanziale impunità che
lo Stato accorda a questi stupidi e idioti burattini.

È il caso dell’accoltellamento di Davide, un ragazzo di vent’anni
frequentatore di un centro sociale, avvenuto pochi giorni fa a Melzo,
(coltellate in faccia e all’addome in 10 contro 1) nell’hinterland
milanese, ad opera di un gruppo di fascisti della zona.

E’ il caso della città di Roma dove negli ultimi 2 anni le aggressioni di
stampo fascista sono state centinaia, fino a quella tragica notte del 27
agosto scorso quando fuori da una dance hall reggae sul litorale romano,
due giovani di destra aggredivano ed uccidevano con otto coltellate Renato
Biagetti.

Si scoprì al momento del fermo di entrambi che uno dei due era figlio di
un Carabiniere, dello stesso nucleo che stava svolgendo le indagini, e da
quel momento in poi abbiamo assistito a diversi tentativi d’insabbiamento
per coprire i responsabili ed ad un clima pesante ed assurdo fuori e
dentro le aule di tribunale, che non smetteremo mai di denunciare, perchè
vogliamo che ci sia verità e giustizia per Renato e perchè vogliamo che in
questo paese si smetta di trattare con becera e “comoda” equidistanza il
fenomeno del neofascismo.

E’ per Carlo, Dax, Federico e Renato, per continuare a far vivere questi
nostri fratelli e compagni, che il prossimo 14 luglio ci riprenderemo le
strade e i muri delle nostre città, con diverse iniziative, perchè esiste
un filo rosso che unisce tutte queste e molte altre storie, una volontà
comune di fare in modo che su tutto questo non cali il silenzio o peggio
ancora che venga nascosta o falsata la verità.

Chi pensa di fermarci, vedrà muoverci.
Chi pensa di zittirci ci sentirà urlare la nostra rabbia e verità.
Carlo, Dax, Federico, Renato, noi sappiamo chi è stato.

L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura,
pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo
a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici,
liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca
a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente
funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti
per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre
essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come
codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo
brutalmente egoista di una società. (Pier Paolo Pasolini)

Sabato 14 luglio: Giornata di mobilitazione nazionale, a Milano, Bergamo,
Brescia, Torino, Viareggio, Roma, Padova..

Giovedì 12 luglio : ore 9:30 presso il Tribunale di Civitavecchia ultima
udienza per il processo di primo grado per l’omicidio di Renato.

Lunedì 16 luglio: ore 9:00 presso il Tribunale di Milano sentenza
d’appello per il processo del San Paolo.