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[Repubblica Genova] La telefonata di Colucci

L'ordine di De Gennaro all'ex questore
di Massimo Calandri

DOPO avere aperto un fascicolo contro ignoti per la «misteriosa» sparizione delle molotov - le bottiglie incendiarie, la regina delle prove false contro i no-global della Diaz, dovevano essere custodite in una cassaforte della questura - nell´inverno scorso la procura genovese decise di mettere sotto controllo alcuni telefoni cellulari. Il primo fu quello di Spartaco Mortola già imputato per lo sciagurato blitz nella scuola: che da allora dirigente della Digos, doveva per primo occuparsi del corpo del reato. Il 26 ed il 28 aprile gli investigatori ascoltano Mortola che parla con l´ex questore di Genova, Francesco Colucci. Quest´ultimo è stato convocato per testimoniare nel corso del processo per l´assalto alla scuola di via Battisti. «Ho parlato con il capo. Devo fare marcia indietro», confessa Colucci a Mortola. Secondo gli inquirenti, il "capo" non è altri che Gianni De Gennaro. In aula - è il 3 maggio - l´ex questore fa effettivamente marcia indietro. Prima aveva giurato che la notte del 21 luglio 2001 ricevette da De Gennaro l´ordine di avvertire Roberto Sgalla, responsabile della comunicazione per la Polizia di Stato. Secondo la procura è un indizio del fatto che anche i vertici della polizia erano perfettamente a conoscenza di quello che stava accadendo alla Diaz. Ma Colucci ci ripensa: sono stato io, di mia iniziativa, a chiamare Sgalla. Viene aperto un fascicolo per falsa testimonianza nei confronti di Colucci. E forti delle telefonate registrate, gli investigatori indagano per "istigazione alla falsa testimonianza" De Gennaro.
Nel registro degli indagati finisce anche Spartaco Mortola, perché Colucci gli chiede chiarimenti su quanto accaduto quella disgraziata notte di sei anni fa. E Mortola è prodigo di particolari. «Ma non ha riferito nulla che non fosse già conosciuto da tutti», chiarisce oggi Piergiovanni Iunca, l´avvocato che lo difende. La procura però sostiene il contrario: Mortola avrebbe suggerito la versione che lui stesso aveva fornito a suo tempo ai pm nel tentativo di discolparsi. Così non si fa. Lo chiarisce bene un altro imputato, il funzionario Carlo Di Sarro. Anche lui intercettato. In quest´altra telefonata Mortola lo invita a contattare Colucci e quello in sostanza risponde secco: ma sei impazzito? Un imputato che parla con un testimone? E´ illegale, taglia corto Di Sarro. Illegale, appunto: qualche poliziotto ha ancora bene in mente cosa sono la legalità, le regole. Forse l´attuale capo della polizia, Antonio Manganelli, dovrebbe concentrarsi soprattutto su certi colloqui telefonici. E vedere se anche in questo caso ci sono elementi per aprire inchieste interne.

Nei tanti faldoni ci sono migliaia di chiamate intercettate dagli inquirenti. Perché al telefono parlano tutti: prima, durante e dopo gli interrogatori. E sono quasi tutti alti - se non altissimi - funzionari della Polizia di Stato. Raccontano la loro «verità», discutono su presunte «strategie» da adottare in aula, esprimono giudizi pesanti su chi indaga. Insomma, si comportano né più né meno come tutti gli altri imputati del mondo, verrebbe da dire. E però, in questo caso non ci si trova di fronte ad imputati come tutti gli altri. Sono i vertici del Ministero dell´Interno. Quelli che dovrebbero dare l´esempio. Quelli che a maggior ragione, se imputati, dovrebbero presentarsi in aula per chiarire la loro posizione. Invece chi, tra gli imputati, ha per il momento accettato il confronto. Michelangelo Fournier, che ha parlato di "macelleria messicana". Vincenzo Canterini, l´ex capo della Celere, che nessuna accusa al momento è riuscita a spostare di un millimetro.
Ieri Maurizio Mascia, avvocato di Francesco Colucci, ha polemicamente rifiutato la notifica dell´avviso di conclusione indagini per il suo cliente: «Ho già letto abbastanza sui giornali».
(26 novembre 2007)