G8, lo Stato non pagherà gli avvocati
Pignorati stipendi e case ai poliziotti?
MASSIMO CALANDRI
ABBANDONATI dallo Stato, padre e padrone.
Dati già per spacciati nel corso del processo, e cioè comunque per colpevoli: torturatori, delinquenti.
Di fatto «ex» poliziotti, prima ancora che i giudici abbiano pronunciato la sentenza.
Questo è lo stato d´animo di alcuni imputati per le violenze e i soprusi nella caserma di Bolzaneto, così come ieri è stato espresso - in maniera esemplare - da uno dei loro avvocati. Stefano Sambugaro.
Che con amarezza ha ricordato quello che l´Avvocatura dello Stato aveva anticipato nel suo intervento: le forze dell´ordine non si sono comportate come tali a Bolzaneto, è mancato il cosiddetto «rapporto organico».
I poliziotti non hanno fatto i poliziotti, dunque in caso di condanna il Ministero dell´Interno non sborserà un centesimo.
Ma c´è di più: contrariamente a quando previsto dalle norme, non anticiperà neanche una piccola percentuale delle spese legali.
Significa che gli avvocati di alcuni imputati hanno già cominciato a pignorare i beni dei loro clienti.
La notizia che rimonta dall´udienza di ieri del processo di Bolzaneto è quanto meno sorprendente.
Perché se in qualche modo si era detto che lo Stato aveva preso le distanze dai suoi uomini, accusati di aver trasformato in una sorta di lager il "centro di detenzione temporanea" del G8, nessuno aveva ancora preso in considerazione l´ipotesi che i poliziotti si vedessero pignorare la casa per pagare la difesa.
«Pure, è così», conferma Sambugaro, che assiste Aldo Tarascio - storico sindacalista genovese del Siulp - e l´ispettore Mario Turco, oggi in pensione.
«Vi lascio immaginare l´amarezza degli agenti.
Che hanno tutto il diritto di proclamare la loro innocenza, fino a sentenza definitiva. Nel caso dei miei clienti, poi, è evidente la loro estraneità ai fatti.
Appartenevano ad una squadra entrata in servizio quando le presunte
vessazioni - si parla delle posizioni fatte assumere in cella ai fermati - erano già terminate». L´avvocato anticipa che, anche in caso di condanna in primo grado, i suoi non hanno alcuna intenzione d´aggrapparsi al salvagente della prescrizione.
«Faremo appello, andiamo avanti. Perché sappiamo di essere innocenti».
Nel corso dell´udienza ha preso la parola anche un altro legale, Giuseppe Giacomini, che difende l´ispettore Paolo Ubaldi.
Pur mostrando «apprezzamento» per il lavoro dei pubblici ministeri, Giacomini ha sottolineato come il suo cliente sia sempre rimasto lontano dalle celle, «e solo in tre-quattro occasioni dia entrato a vedere cosa accadeva.
Ma non poteva sapere da quanto e da chi erano stati posti in essere i presunti soprusi.
Una posizione del tutto simile a quella del magistrato Alfonso Sabella, che era il primo responsabile della struttura.
E allora, perché la posizione di Sabella è stata - giustamente - archiviata, e Ubaldi rischia invece una condanna?».