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[il manifesto] Parà dalla guerra al G8

il manifesto - 18 Maggio 2005
Ufficiali del Tuscania in aula come testi: «Operiamo all'estero, ma la minaccia era grave»
La catena di comando Il maggiore Ruggeri: prendevo ordini dal mio comando e mi coordinavo in strada con la Ps. Giallo su chi ordinò la carica
GENOVA
Non servirà all'accusa né alle difese. La condanna dei 25 manifestanti imputati di devastazione e saccheggio e altri reati per i fatti del G8 del luglio 2001 non dipenderà certamente dall'esame del maggiore Guido Ruggeri, all'epoca capitano, che comandava una compagnia di cento carabinieri paracadutisti del reggimento Tuscania, arrivati a Genova anche con mezzi cingolati.

L'ufficiale ascoltato ieri davanti al tribunale (insieme a due sottufficiali) ha però potuto confermare che il Tuscania è specializzato «in missioni di peacekeaping o di combattimento ad alta intensità all'estero», al massimo in Italia hanno «compiti di supporto o in ordine pubblico o in territori con alta densità di criminalità organizzata». Ma l'ordine pubblico nelle manifestazioni non l'hanno mai fatto né prima né dopo il G8, vennero chiamati perché c'era «una grave minaccia» e nessuno degli avvocati è riuscito a fargli dire di più. Il Tuscania doveva essere, ha detto Ruggeri, «un supporto strategico» per le Ccir, le Compagnie di contenimento e intervento risolutivo create per il G8 e comandate da una linea di ufficiali quasi tutti provenienti dai ranghi dei paracadutisti e della Seconda brigata mobile, la brigata «di proiezione» che opera in Iraq o in Afghanistan. E quando partecipò alle cariche il maggiore ricorda solo che l'ordine arrivò «da un generale della polizia in divisa da ordine pubblico», del quale non ricorda il nome e che non ha riconosciuto nelle fotografie di alcuni funzionari di ps mostrate in aula dai difensori. Probabilmente il testimone ha fatto confusione e si trattava di un vicequestore con i gradi colonnello.

Il maggiore e i due tenenti ascoltati ieri non hanno detto nulla che possa aggravare la posizione degli imputati, né è stato possibile fargli ammettere abusi da parte dei suoi uomini, che il 20 luglio parteciparono alle cariche su corso Gastaldi e via Tolemaide. Uno dei dieci arrestati dai parà del Tuscania ha denunciato: «Venni colpito a manganellate pur non avendo opposto alcuna resistenza né formulato alcun apprezzamento, ad opera di un gruppo di almeno 5 o 6 carabinieri; poi fui trascinato per terra per oltre dieci metri e colpito con calci. Fummo apostrofati con insulti, volgarità e frasi oscene indirizzate in particolar modo alle ragazze fermate. I carabinieri ci dissero che eravamo in arresto senza alcuna specificazione».

Il maggiore Ruggeri ha spiegato molto chiaramente di aver preso ordini, in ogni situazione, dalla Centrale operativa dei carabinieri che era parallela a quella della Questura. Con i funzionari di polizia in teoria responsabili dell'ordine pubblico, lui che era al comando di cinque plotoni di una ventina di militari armati di tutto punto, tutt'al più si coordinava di volta in volta a seconda della zona in cui si trovava, cioè della zona in cui lo mandavano dalla sua centrale operativa. Questo doppio sistema radio è stato indicato tra le ragioni del disastro delle forze dell'ordine al G8. Si disse in particolare che i mezzi del Tuscania, reggimento d'élite, avevano sbagliato strada. E venne fuori che la questura non era in grado di dirigerne i movimenti. Il tenente Loris Ditta, alla domanda sulla catena di comando, ha risposto: «In ambito militare non è facile dire chi prende ordini da chi. io prendevo ordini dal comandante Ruggeri, lui ritengo dalla centrale operativa dei carabinieri».