"Chi ha guidato la repressione, chi ha realizzato l'assalto alla Diaz, chi
ha creato prove false: in segno di riconoscenza per il "buon lavoro"
svolto, tutti promossi.
Mi aspetto a questo punto un decreto che nomini i black bloc consulenti
ufficiali del ministero degli Interni o dei reparti speciali."
Vittorio Agnoletto, 20 luglio 2005
Nei mesi scorsi Agnoletto ci contattò per chiederci di tenere un
atteggiamento pacifico nei confronti suoi e di tutti coloro che si
occupano delle questioni relative a Genova 2001.
Pareva strano che la richiesta venisse da lui verso di noi, ma ovviamente
non potevamo che acconsentire a un comportamento che noi già stavamo
praticando. Abbiamo rimbalzato a lui la stessa proposta ed ecco il
risultato.
Noi, nonostante l'abisso politico che ci divide da molte pratiche,
continuiamo a pensare al nostro unico obiettivo: il sostegno a tutti i
manifestanti imputati e a tutti quelli torturati in quei giorni.
Un impegno importante e complesso che obbliga a tenere il sangue freddo:
garantire tutti vuol dire anche, spesso, dover sopportare tutti.
Abbiamo "dimenticato" per la buona riuscita del nostro obiettivo le
dichiarazioni di 4 anni fa di molti personaggi.
Abbiamo "dimenticato" anche il video di Agnoletto che invita il Questore a
fare piazza pulita dopo il passaggio del "suo" corteo.
Abbiamo cercato di curare in noi il peggior male della sinistra italiana:
il settarismo e l'istinto alle guerre intestine. Pensando, appunto, che un
avversario politico dalla stessa parte della barricata sia molto
differente dal proprio nemico, quello che sta dall'altra parte.
Agnoletto invece da parte sua ha dimenticato che il suo conto in banca
lievita grazie allo stipendio da europarlamentare conquistato sul sangue
di chi è stato pestato e ucciso.
Dimentica che gli avvocati che lo difendono in tribunale sono i medesimi
che difendono i manifestati accusati di essere devastatori e
saccheggiatori.
Dimentica che a Bolzaneto ci siamo passati in tantissimi e lui no... Noi
non abbiamo dimenticato, noi lavoriamo per tutti.
Oggi ci tocca dire: purtroppo anche per lui. Perché rimaniamo
profondamente convinti che le divisioni non portino risultati.
Da oggi lo consideriamo persona sgradita e lo vorremmo lontano dalle
nostre iniziative, anche se il lavoro per riportare a casa i nostri
imputati e dare una possibilità alle parti civili non varierà . Anzi,
crescerà .
Continueremo ad assumerci l'impegno preso, indipendentemente da lui e da
quanti come lui periodicamente, dopo quattro anni da quelle giornate,
provano a dividere i buoni e i cattivi: i primi da santificare come
vittime, i secondi da colpire ed arrestare.
Dovrebbe vergognarsi per quello che non da, per quello che dice e per
quello che riceve malgrado tutta la sua disonestà intellettuale e pratica.
Dovrebbe farsi raccontare almeno un po' della storia genovese del 30
giugno 1960, quando gli antifascisti che si scontrarono nelle strade con
la polizia che proteggeva il congresso dell'MSI vennero tacciati di essere
provocatori e poliziotti dalla Cgil, dal Pci e da alcuni dirigente
dell'Anpi. Con orgoglio quei giovani si firmarono "...noi i "provocatori""
in molti scritti, e la storia e il sentimento popolare hanno dato ragione
a gli antifascisti e torto ai politicanti.
Potrebbe almeno fermarsi a ragionare sul come nascono e si presentano i
movimenti sociali e come qui scrive una persona non proprio vicina ai
black bloc "Prezzolati, infiltrati, collusi, sospetti, strani: ciascuno ha
un episodio che ha visto, fotografato, filmato o che gli è stato
raccontato da persona credibile e che attesta la bontà di quella
definizione. Ma ciascuno di questi dettagli - veri o verosimili - non può
spiegare la complessità di quello che è accaduto: un manipolo di incursori
non può mettere a ferro e fuoco una città se non facendo leva su un
sentimento di devastazione già vivo e impellente e pronto a
esplodere."
Invece parla perché ha fiato nei polmoni.
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