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[Comunicato Stampa] Processo Diaz, dodicesima udienza. "Il passaggio di un'autopattuglia fu una provocazione"

Entrambi testi ascoltati oggi erano presenti alla scuola Pascoli al momento dell'irruzione della Polizia la notte del 21 luglio 2001.

Il primo teste è R.B., uno degli organizzatori del media center, il centro stampa del GSF, situato al secondo piano della Pascoli, a disposizione di quanti, giornalisti ufficiali, free lance e media alternativi volessero contribuire al flusso di informazioni sulle iniziative del GSF e le manifestazioni.

R., durante i tre giorni di manifestazioni resta praticamente sempre al media center, per assicurarne il funzionamento dal punto di vista tecnico e logistico. Vede l'episodio del passaggio di una pattuglia della PS. Ha visto una sola volante, "in coda, in fondo alla strada, dietro ad una fila di auto ferme dietro un autobus che stava caricando manifestanti". C'era tanta gente per strada, seduta sui marciapiedi o nel cortile davanti alla Pertini, a chiaccherare e ad organizzare le partenze: "Sembrava una provocazione, quella macchina, dopo l'uccisione di Carlo Giuliani e tutto quello che era successo in quei due giorni", racconta il teste. Per fortuna, "i manifestanti si accorgono della macchina solo quando transita davanti alle due scuole. Vola una bottiglia di birra che si infrange sull'asfalto. Ci sono insulti e urla in direzione della volante, ma la macchina a quel punto riparte sgommando e tutto finisce lì".

La gente parla dell'episodio. Ci si chiede se non sia stato un tentativo di provocazione. Più tardi R. vede l'arrivo della polizia da piazza Merani: "un plotone compatto, che scendeva a passo deciso con atteggiamento minaccioso", come racconterà anche l'altro teste ascoltato oggi. R. si preoccupa che nessuno rimanga isolato per strada: vede un ragazzo chiudere il cancello della Pertini, invita gli altri a rientrare alla Pascoli e chiude il cancello di questa scuola, poi la porta a vetri e, insieme ad altri, mette due banchi davanti per "rallentare l'ingresso". Prima dell'arrivo della polizia riescono anche a far entrare dalla finestra un ragazzo già manganellato.

L'irruzione nella Pascoli dura poco: le persone presenti nel seminterrato prendono un po' di manganellate, poi vengono fatte mettere faccia a terra e con le mani sulla testa nella palestra: "Ho chiesto se avevano un mandato, ma un poliziotto mi ha risposto: 'non è un film americano! adesso vi massacriamo!'". Dopo un po' i poliziotti se ne vanno. R. e gli altri capiscono che possono rialzarsi e si precipitano all'esterno, a vedere cosa succede nell'altra scuola, da cui si sentono arrivare urla stazianti. Ma l'accesso è impedito a chiunque, compresi i legali. Cresce la rabbia per il senso di impotenza, mentre si vedono i primi feriti trasportati fuori.
Racconta infine della devastazione lasciata dalla polizia nelle aule, dei computer distrutti, in particolare quelli degli avvocati che contenevano le denunce sporte da manifestanti contro le forze dell'ordine per le violenze dei due giorni trascorsi, delle videocassette e altro materiale trafugato.

Il secondo teste M.C., medico genovese che ha prestato servizio come sanitario del GSF, passando tre giorni per le strade a prestare il primo soccorso alle persone rimaste coinvolte nella cariche della polizia. Anche lui assiste al passaggio dell'autopattuglia: " ho sentito infrangersi una bottiglia di vetro. ci sono state urla, ma le due macchine non si sono fermate. Sembrava una provocazione. Ero contento che non fosse successo niente". Ma l'episodio suscita perplessità e timori, al punto che viene chiesto se qualche avvocato passerà la notte nella Pascoli, "perché si pensava che sarebbe potuto succedere qualcos'altro. Io pensavo ad esempio ad una perquisizione. Ma non avrei mai potuto immaginare quello che sarebbe successo". Al momento dell'irruzione nella Pascoli M. è con gli altri nell'infermeria. La sua testimonianza concorda con quella dell'infermiera ascoltata ieri, e anche lui assiste al brutale pestaggio di Mark Covell.

Ad un certo punto un poliziotto chiede l'ausilio di un medico nella palestra. Lui presta le cure del caso a due persone che sono state picchiate e poi, risalendo al primo piano, capisce che "sono stati liberati". I documenti sono stati restituiti e i poliziotti hanno lasciato la scuola Pascoli. Anche per lui l'istinto è vedere cosa succede nella scuola di fronte, "dove continuavamo a sentire urla". Ma alla Pertini non entra nessuno, finché non è tutto finito. M. entra nella scuola, convinto di poter prestare soccorso a qualcuno. Ha visto uscire ragazzi in barella, gravemente feriti ed pensa che dentro che ne possano essere altri. La scuola invece è deserta: "c'era un forte odore di sangue. Ovviamente a me il sangue non fa impressione, ma quel tappeto di oggetti quotidiani (sacchiapelo, spazzolini, mutande, quaderni) intrisi di sangue, mi ha scioccato. Stavo male, e dopo poco sono dovuto uscire. Comunque non c'era più niente che potessi fare"

Prossima udienza mercoledì 30 novembre con tre testimoni, anche loro presenti nella scuola Pascoli.