"Sembravano un branco di cani impazziti". Al processo diaz proseguono le testimonianze delle parti offese.
Il processo Diaz prosegue a ritmo sostenuto. Nell'udienza di oggi, la ventesima, sono stati ascoltati quattro testi, tutti inglesi e tutti presenti alla scuola Diaz-Pertini la notte del 21 luglio 2001.
Il primo è N.B. che si trovava con i suoi amici S.B. (teste della scorsa udienza) e D.M. al primo piano della scuola, nell'aula di musica in cui avevano dormito anche la notte precedente. N. racconta che la stanza, come il resto della scuola, era in via di ristrutturazione: "non c'era la maniglia alla porta e dentro la stanza c'erano telai senza vetri che dovevano probabilmente servire per sostituire quelli vecchi delle finestre". Inoltre, uno di loro aveva il giorno prima chiuso la porta per sbaglio e non era stato più possibile aprirla: "per entrare nella stanza dovevamo passare dalle impalcature che c'erano all'esterno dell'edificio". La "stanza col pianoforte" ha due grandi finestre che danno sul cortile. Quando N. e i suoi amici stanno già dormendo sentono improvvisamente dei rumori. N. si affaccia, vede molti poliziotti e un blindato della polizia che sfonda il cancello. Sono spaventati e non sanno che fare. decidono di nascondersi sotto un tavolo nella stanza buia. Poi i rumori si avvicinano, i poliziotti sfondano la porta e con una torcia elettrica illuminano la stanza. In pochi attimi gli sono addosso: "Sembravano un branco di cani impazziti. Hanno subito attaccato D., che è caduto sopra di me". Il tutto dura alcuni minuti Poi, prima di lasciare la stanza, gli lanciano addosso i telai delle finestre. Dopo un po' arrivano altri poliziotti che li fanno alzare in piedi e li portano giù in palestra dove vengono radunate tutte le persone trovate all'interno della scuola. D.M. conferma: "era come se fosse esplosa una bomba" c'era un sacco di gente insanguinata e ferita. D. racconta che nella palestra i poliziotti svuotavano gli zaini: "gli oggetti venivano gettati qua e là . Anche questo mi ha spaventato molto: era molto diverso da come avrei immaginato una perquisizione. Non capivo niente di quello che stava accadendo e questo accentuava la mia paura.
Entrambi ricordano, inoltre, tra i poliziotti in borghese presenti in palestra, "uno col volto coperto e una lunga coda di cavallo". Questo personaggio "misterioso", che altri testimoni hanno descritto, non è stato in realtà mai identificato, nonostante la sua descrizione sia stata inviata, durante le indagini, a tutte le questure d'Italia.
La terza testimonianza è quella di N.D., una ragazza inglese venuta a Genova insieme al fidanzato R.M.
N. racconta che lei e R. ritornano alla scuola verso mezzanotte, dopo essere andati con amici a mangiare qualcosa in un bar. Sistemano i sacchi a pelo nella palestra. La situazione è tranquilla fino a che cominciano a sentire rumori molto forti. C'è molta polizia fuori dalla scuola e le persone cominciano ad essere in preda al panico. Alcuni fuggono su per le scale. N. e R. li seguono istintivamente, e salgono fino al secondo piano. Lì si fermano e vedono dalla finestra i poliziotti nel cortile della scuola. Sono spaventati, non sanno cosa fare e restano con altri nel corridoio. Quando vedono arrivare i poliziotti si sdraiano a terra. R. si sdraia sopra la sua ragazza per proteggerla e riceve il maggior numero di colpi, alla testa, alla schiena, alle gambe. Ma i poliziotti riescono a colpire anche N. rompendole un braccio. Dopo la prima ondata, la situazione si calma per un attimo. Poi arrivano altri poliziotti e la scena si ripete. Il racconto di N. è drammatico e gela per qualche attimo tutti i presenti: "Ho visto un poliziotto con un coltello in mano. Ha preso una delle altre persone e gli ha tagliato una ciocca di capelli. Poi il poliziotto con il coltello è venuto da me, mi ha preso i capelli e ha tagliato anche a me una ciocca. Un altro poliziotto mi ha colpito nel braccio col manganello, poi mi ha accarezzato i capelli e con voce dolce mi ha detto <>". "Era come se raccogliessero un trofeo", dirà R. subito dopo. Poi li fanno scendere le scale con altri poliziotti che li colpiscono ancora mentre passano. Il racconto coincide con quello di molti altri testi, con gli zaini che vengono svuotati alla rinfusa.
N. viene poi portata fuori dai sanitari del 118: "Non mi è stato detto che ero in stato di arresto. speravo di andare in ospedale e poi partire da lì. Non avevo fatto niente di sbagliato, eravamo stati attaccati noi dalla polizia". Dalla testimonianza di R. è emerso poi un dettaglio importante riguardo la cosiddetta "perquisizione": "Ho visto un poliziotto togliere il telaio di metallo da uno zaino, e sventolarlo Sembrava voler far vedere agli altri che poteva essere usato come arma"
Gli avvocati degli imputati hanno, in pratica, rinunciato a controesaminare i testimoni. C'è evidentemente ben poco da obiettare di fronte a fatti che sembrano oramai acquisiti dal tribunale.
Prossima udienza: mercoledì 25 gennaio in cui verranno ascoltati il giornalista inglese Mark Covell e due testimoni tedeschi.