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[Lodi] Via Cagnola: una denuncia contro la direzione del carcere

Via Cagnola: una denuncia contro la direzione del carcere
E sale la tensione tra volontari e dirigenza

Lodi – Una denuncia in questura contro la direzione del carcere di Lodi: l’ha depositata sabato mattina la convivente di un uomo detenuto da due anni in via Cagnola.
Giovanna D’Addetta ha 39 anni, vive a Milano. In passato non le è mai stato negato il colloquio con il suo compagno, una volta alla settimana. Ora non può più vederlo: una decisione assunta dalla direttrice Caterina Ciampoli (in servizio a Lodi dall’estate scorsa dopo un periodo burrascoso a Busto Arsizio), che ha stabilito di concedere i colloqui solo ai familiari "in regola". E Giovanna e il suo compagno, a quanto pare, non sarebbero a posto perché non sono sposati. Dal 10 dicembre, quando per la prima volta le è stato proibito l’accesso al carcere, Giovanna ha prodotto tutta la documentazione disponibile, incluso il certificato di residenza che attesta che lei e il suo compagno vivono insieme dal ’99. Non basta, secondo regole rigide che non si sa chi abbia scritto. Non basta nemmeno a far entrare in carcere il solito cesto di vivande e regali (qualche salame, del vestiario nuovo) che Giovanna consegnava regolarmente al suo compagno per Natale: quest’anno gliel’hanno restituito, intatto. Lei ora non ce la fa più, e ieri ha presentato una denuncia in questura. In lacrime, ci prega di trasmettere un messaggio al suo Giuseppe, se potrà leggere questo ed altri articoli sulle testate che in questi giorni stanno prendendo a cuore la situazione assurda del carcere di Lodi: "Io amo mio marito, non siamo sposati è vero, ma io lo considero mio marito. Fateglielo sapere che non mi fanno entrare, diteglielo che non l’ho abbandonato".

Le tensioni con la direzione
Ma il divieto di accesso a Giovanna D’Addetta è solo l’ultimo giro di vite imposto dalla direzione. Una norma restrittiva che limita ulteriormente i contatti tra chi sta dentro e chi sta fuori. E il carcere di Lodi sembra aver imboccato la strada dell’isolamento, dopo gli ultimi, clamorosi divieti imposti nei mesi scorsi: ad esempio, la sostanziale chiusura del mensile "Uomini liberi", che veniva scritto e prodotto dai detenuti con l’aiuto di un gruppo di volontari. Niente più giornale, niente più tornei di calcetto, ridotti all’osso i contatti con il mondo esterno, che fino a qualche mese fa prevedevano anche dibattiti in carcere (ospitando ad esempio la tappa lodigiana della Carovana antimafia, a cui è stato negato l’accesso nell’ultima edizione). Ci si chiede come sia possibile, in un isolamento simile, sperare davvero nel reinserimento di un detenuto, una volta scontata la pena, magari inflitta per qualche reato minore.

"Sospesi" i volontari
Ora le restrizioni riguardano gli stessi volontari: nei giorni scorsi è stato comunicato dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia il provvedimento di sospensione sine die dei permessi per otto volontari che da tempo operavano all’interno della struttura di via Cagnola. Le motivazioni della sospensione del permesso sarebbero da attribuire proprio al clamore suscitato dai recenti interventi dei volontari sulla stampa, per denunciare la difficile situazione all’interno del carcere a seguito dell’arrivo della nuova Direttrice.
Risultato: anche i volontari non colpiti dal provvedimento hanno deciso di autosospendersi in segno di solidarietà con i "colleghi". "E’ un provvedimento che ci amareggia molto, ci impedisce una attività che ci sta a cuore – commenta Andrea Ferrari, uno dei fondatori del giornale "Uomini Liberi" e uno dei portavoce dei volontari del carcere -. Speriamo che questa posizione temporanea serva a fare chiarezza e a ristabilire un dialogo produttivo con la direzione della struttura".

Un’ispezione da Milano
Nel frattempo, è attesa a giorni un’ispezione al carcere di Lodi, da parte del responsabile del dipartimento di Milano dell’amministrazione penitenziaria. Un’ispezione che potrebbe essere stata stimolata, tra l’altro, dall’interrogazione a risposta scritta presentata al ministro della Giustizia Roberto Castelli da due senatori del territorio, il lodigiano Gianni Piatti (DS) e il cremasco Lamberto Grillotti (AN). Nella loro interrogazione, i due parlamentari chiedono se il Ministro non intenda acquisire una maggiore conoscenza della situazione della casa circondariale lodigiana e se non ritenga utile assumere eventuali iniziative che possano contribuire a ristabilire un clima di collaborazione tra il carcere stesso ed il territorio.
Collaborazione che a Lodi sembra saltata da mesi. Come era saltata in precedenza a Busto Arsizio, la sede a cui Caterina Ciampoli era stata assegnata come direttrice prima di approdare a Lodi. Se è sacrosanto sperare nel pentimento e nella riabilitazione di un detenuto, una volta scontata la pena, tanto più è lecito sperare che le tensioni già vissute a Busto Arsizio non debbano ripetersi anche a Lodi.

Data di pubblicazione: 23 Gennaio, 2006
tratto da www.agendalodi.it