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[Comunicato stampa] processo Bolzaneto: buon compleanno!

Udienza scioccante quella di oggi venerdì 24 marzo 2006, durante la quale
si sono ricostruite con precisione le vicende di due dei 99 fermati che sabato 21 luglio 2001 furono condotti nella caserma di Bolzaneto.
I due testimoni ascoltati, C.C. e M.D., hanno vissuto quasi la stessa esperienza: sono arrestati nello stesso luogo, condotti nelle stesse cella
a Bolzaneto ed infine ammanettati insieme per essere tradotti nel carcere di Alessandria.
C.C. comincia il suo racconto dettagliato e preciso con una lucidità stimabile. Appena arrivato nell’androne della struttura, racconta di un ragazzino diciottenne di Torino picchiato da un agente in borghese, che poi riconoscerà come Salomone Massimo, ispettore di Polizia di Stato.
Condotto nella prima cella vede un ragazzo steso a terra, completamente denudato. Fanno spogliare anche lui e gli ordinano di fare flessioni nudo
in cella.
Si susseguono serrati, nei racconti dei due testi, gli avvenimenti e le ricostruzioni che si incastrano come ingranaggi di uno stesso meccanismo con le testimonianze di chi li ha preceduti e non lasciano spazio ad un controesame.
Entrambi raccontano di un pestaggio avvenuto nella mattina della domenica, prima di essere trasportati ad Alessandria: T., di origine siriana, e’ mutilato ad una gamba e ha una protesi. Dopo una notte passata in piedi nella “posizione del cigno” (cosi’ la chiamano nelle forze dell'ordine: gambe divaricate, testa e mani alzate appoggiate al muro) non riesce piu’ a stare in piedi. Nel momento in cui cede e cerca di sedersi entrano in tre e si accaniscono su di lui, “lo picchiarono in maniera piuttosto robusta anche a colpi di manganello, questa e’ una delle cose che mi pesò piu’ di tutte, in parte dalla paura, in parte dalla vergogna, e non sono intervenuto nel pestaggio di una persona mutilata” ”ero congelato dal terrore” cosi’ lo racconta C.C.
Emerge un frammento umano di impotenza, di terrore che congela ogni possibilità di reazione.
Gli spray urticanti gettati in cella nella notte. Le grida che si udivano.
I saluti inneggianti al fascismo. “Dalla finestra frequentemente qualcuno
puntava la pistola contro di noi, per fare una finta esecuzione” così continua il racconto di C.C, ma non finisce.
Ventiquattro ore da rimuovere, per riuscire ad andare avanti. M.D. non ricorda l'ordine cronologico delle vicende: “successivamente sono stato in cura da uno psicologo e ho rimosso degli avvenimenti, ho cercato di dimenticare il piu’ possibile.” E ancora: “di botte me ne sono prese così tante che non riesco a collocarle nel tempo…”
M.D. compiva gli anni in quel famigerato giorno. “ti facciamo la festa, ora ti facciamo noi la torta”, cosi e' stato festeggiato dalle forze dell'ordine.
La storia comune dei due testi non si conclude fuori dalla caserma: vengono ammanettati insieme e, mentre venivano portati verso il pullman che li avrebbe trasportati ad Alessandria, un agente li prende per la testa facendogliele scontrare l’una contro l’altra.
Entrambi hanno avuto dei traumi a posteriori. Sono dovuti ricorrere a cure
psicologiche e ospedaliere, rimuovendo parte degli eventi; ma chi li ha sentiti testimoniare oggi ha potuto capire nitidamente che la sensazione di terrore e di angoscia ha lasciato segni indelebili nella loro memoria.
Prossima udienza lunedi 27 marzo.
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