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[comunicato stampa XXXVI udienza Bolzaneto] Io sono il camoscio nero

“Io sono il camoscio nero” queste le urla a cui era costretto M.M. dai secondini.
Termine del gergo carcerario in cui “il camoscio” è il detenuto.
M.M., arrestato mentre mangiava un gelato, come gli altri testimoni ci racconta delle torture: dalla questura passando per bolzaneto fino al carcere di Alessandria
Denudati in infermeria, flessioni, insulti, percosse e visite sommarie.
Questo è lo scenario che rimane stampato nella mente dei tre testi ascoltati di oggi con i passaggi in corridoio tra due file di agenti. Agenti “liberi di dare ognuno il suo contributo”: insulti, calci e sgambetti.
Nel corso della XXXVI udienza di oggi martedì 2 maggio ’06 si torna a parlare dell’infermeria e delle “attenzioni” riservate alle donne all’interno della caserma: “ dicevano che avrebbero dovuto fare come in Kossovo, e stuprarci, in quel momento io credevo che l’avrebbero fatto davvero”.
È P.G, a raccontare la situazione, con la voce congelata in gola, ancora tremante, rincara la dose quando andando al fotosegnalamento incontra un agente della sua città che le dice “sei di Padova? Quando torni ti vengo a cercare e ti brucio la casa”.
E poi i continui insulti “troia, puttana”. Per andare in bagno è
costretta a passare tra le file di agenti che la scherniscono mentre la sua “accompagnatrice” le tiene la testa rivolta verso il basso e le faceva espletare i bisogni con la porta aperta.
P.G la riconosce in Cerasuolo Daniela, imputata per il reato di abuso di autorità sui detenuti, già riconosciuta qualche mese fa da G.C. per le stesse modalità di accompagnamento.
Ancora particolari sul trattamento degradante riservato alle donne: a M.M.A. arriva il ciclo mestruale mentre è in cella, ma non le danno alcunché per tamponare il sangue e allora rimedia da sola: si strappa un pezzo di maglietta per arginare il danno. Sempre M.M.A conferma il racconto di molti altri testi: nella notte viene spruzzato in cella uno spray urticante al peperoncino che rendeva l’aria irrespirabile, una ragazza che era vicino alla finestra si sente così male che vomita anche del sangue. Verrà portata in infermeria solo quando il gas si sarà diradato.
G.P, M.M.A, e M.M raccontano poi di “un” medico, che invece di visitarli e prender nota degli evidenti segni di percosse, si limita a farli spogliare e a far flessioni: costui è sulla quarantina, tarchiato con i capelli scuri…
E come in un puzzle i racconti, i riconoscimenti e le testimonianze si confermano tra di loro ricostruendo la storia e regalandoci quasi una fotografia dei responsabili delle torture
Prossima udienza venerdì 5 maggio.