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[Liberazione] Il governo decide di prelevare il Dna, anche con la forza

13 ottobre 2006

Il governo decide di prelevare il Dna, anche con la forza

Palazzo Chigi vara il ddl Mastella: impronte biologiche a chi venga preso in flagranza in reati puniti con più di tre anni

di Checchino Antonini

Da un lato prelevare il Dna serve certamente a incastrare i colpevoli di un reato. Dall’altro lato una legge sul prelievo coatto di campioni biologici - peli, capelli, saliva - serve a tranquillizzare un’opinione pubblica fortemente allarmata dalla risonanza mediatica di furti e rapine e un po’ “dopata” da fiction tv sull’onnipotenza della polizia scientifica americana o nostrana. Lo sa bene il ministro Mastella, guardasigilli, che ieri visto il consiglio dei ministri varare il suo disegno di legge, sei articoli in tutto, su modalità e procedure per il prelievo delle impronte biologiche di una persona arrestata in flagranza di reato. Non si dovrebbe trattare di un esame invasivo, nè del prelievo di sangue ma l’esame, il cui risultato diventa elemento di prova, può essere disposto dal giudice con provvedimento motivato nei casi in cui il reato ipotizzato preveda la pena dell’ergastolo o, comunque, superiore ai tre anni di reclusione. I casi previsti saranno quelli relativi a reati di terrorismo o connessi alla criminalità organizzata, più quelli di furto, rapina e stupro. L’indagato verrà invitato a sottoporsi all’esame del Dna e, in caso si rifiuti, il pm potrà disporre il prelievo coatto, da convalidare entro 48 ore, nel rispetto di tutte le garanzie difensive. Il test potrà svolgersi anche nell’ambito dell’incidente probatorio, una sorta di “finestra” congressuale nell’ambito delle indagini preliminari. Che ne sarà dei campioni biologici prelevati? Nel testo, concertato da Via Arenula col Viminale, si prevede che siano immediatamente distrutti ad eccezione di quelli per i quali si ritenga indispensabile la conservazione finché la sentenza non sia passata in giudicato. Un altro ddl, nel giro di un paio di settimane, stabilirà le modalità della banca dati del Dna dove far confluire i campioni raccolti sulla scena del crimine e quelli prelevati sulle persone, nel rispetto della normativa sulla privacy.

«Speriamo sia un modo di incutere una paura un po’ più forte a chi ritiene poterla fare franca rispetto a certe condotte criminali», è il commento del guardasigilli Mastella forte delle statistiche dei paesi dove già esiste questa possibilità. Ma davvero sarebbe così decisivo prelevare a forza capelli e saliva? «Proprio negli Usa - spiega a Liberazione, Giuliano Pisapia, responsabile Giustizia del Prc - sono stati scoperti, di recente, casi di errori giudiziari su persone condannate a morte». A questo punto restano intatti «dubbi e perplessità» che avevano condizionato i no di Rifondazione a proposte simili partorite dalla destra nella passata stagione. «Checché se ne dica è uno strumento invasivo e potrebbe portare all’acquisizione di informazioni personali che nulla hanno a che fare col reato», va avanti Pisapia elencando altri elementi di scetticismo legati anche al mancato dibattito scientifico sul ddl. Ci aveva provato An a far passare il prelievo coatto, poi era stata la volta di Pisanu che avrebbe voluto prelevare le impronte biologiche agli immigrati sospettati di terrorismo, praticamente tutti i musulmani con la barba. Allora fu richiamata la dubbia costituzionalità di leggi che andavano a incidere sul veto costituzionale a trattamenti obbligatori - da cui discende il diritto di non rispondere, ad esempio - ora c’è anche la possibilità di applicare la norma a reati non proprio gravissimi e, comunque, si inciderebbe sulle possibilità di ricorso. Se il Riesame o la Cassazione dovessero accogliere il ricorso degli indagati, l’esame sarebbe comunque già stato effettuato. «Propenderei - conclude Pisapia - nel limitare la norma ai reati gravissimi e solo quando sia un elemento di prova assolutamente indispensabile. Meglio ancora se diventi un elemento di valutazione processuale il fatti che ci si rifiuti di sottoporsi a quest’esame e che, insieme ad altri elementi inidiziari possa portare alla formazione di elementi di prova».

Al contrario, con Dna e banca dati, gli addetti ai lavori sono convinti di contare su un’arma in più: «Uno strumento di indagine fondamentale», lo definisce il generale Raggetti, che guida il Racis dei carabinieri, una sorta di “scientifica” dell’Arma, e che “spinge” per la rapida approvazione delle norme complementari sulla banca dati. Senza quel passaggio sarebbe impossibile comparare le impronte biologiche mentre, insieme, i due ddl potrebbero sbloccare alcuni casi celebri come quello della celebre madonnina di Civitavecchia, divenuta un controverso oggetto di pellegrinaggio, il cui proprietario si rifiutò di sottoporsi al prelievo di sangue richiesto dal pm. La suprema corte stabilì l’illegittimità dell’esame coatto e il caso è fermo da dieci anni.