Venerdi 26 gennaio i compagni di Parma hanno rioccupato la sede storica
del centro sociale Mario Lupo, dopo il violento sgombero del 7 ottobre
2005, con l'intenzione di farne un centro di documentazione
antifascista. Ma anche stavolta la violenza non si è fatta attendere: il
presidio è stato caricato, mentre le tre persone salite sul tetto per
un'azione dimostrativa venivano assediate da pompieri, carabinieri e
polizia. Nessuna trattativa è stata possibile, come hanno da subito
dimostrato le dichiarazioni del sindaco che ha parlato di occupanti
"fascisti", che "devono andare in galera".
Così i tre hanno passato quaranta ore sul tetto, mentre le forze
dell'ordine impedivano persino di far arrivare loro una coperta.
Una volta scesi sono stati portati dapprima in questura e poi in
carcere, dove hanno passato la notte nell'attesa del processo per
direttissima. Lunedì mattina, primo rinvio: è necessario aspettare la
perizia sui danni ordinata dal Comune. Altra notte in carcere.
Martedì mattina: ancora attesa, non è ancora avvenuta l'udienza di convalida
degli arresti (fissata per le 16) e quindi non può esserci il processo.
Rimpalli tra giudici, rinvii per questioni burocratiche: intanto il
tempo passa e fuori si scatena la caccia ai teppisti da parte delle
forze politiche, sia di centrodestra che di centrosinistra.
Non ci sono parole abbastanza forti per commentare tutto questo.
Tre persone, la cui vita è ferma da domenica sera per motivi
pretestuosi. Tre persone usate come monito di una repressione che
colpisce tutti noi, senza alcuna proporzione tra delitto e castigo. Tre
persone, nel silenzio di migliaia di altre.
La memoria, appena celebrata dalla nazione commossa, con spot e leggi
contro il reato di opinione, comincia a scivolare su squallidi
ingranaggi collettivi. E fino a qui, niente, ma proprio niente, va bene.